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Silvana Pavan

Articolo

Dall'avere un corpo all'essere corpo
Silvana Pavan

Il corpo biografico, esperienza narrante

“Il mio corpo, in effetti, è sempre altrove, è legato a tutti gli altrove del mondo e, in verità, è altrove rispetto al mondo. È, infatti, intorno a lui che le cose si dispongono, è rispetto a lui che sono un sopra, un sotto, una destra, una sinistra, un avanti, un dietro, un vicino, un lontano. Il corpo è il punto zero del mondo; laddove le vie e gli spazi si incrociano, il corpo non è da nessuna parte: è il centro del mondo questo piccolo nucleo utopico a partire dal quale sogno, parlo, procedo, immagino, percepisco le cose al loro posto e anche le nego attraverso il potere infinito delle utopie che immagino.”
M. Foucault

Il corpo è il motore e il fenomeno che mi ha guidato e sostenuto nella vita professionale. Nella formazione psicomotoria il corpo è sempre stato l’elemento di interesse e di ricerca, di studio, di analisi e di esperienza continua.
Per quanto il mio studio sul corpo sia andato nei meandri dei pensieri filosofici, nei profili storici e abbia contattato le diverse discipline che hanno avuto significato nel riconoscimento del corpo… mi rendo conto che non c’è fine agli approfondimenti.
E che, in fondo, i saperi del corpo richiedono una preposizione semplice: “con”. Il corpo prende vita, si fa esistente quando è in relazione con l’altro; è solo attraverso l’incontro, lo scambio, che la persona esiste, è solo se guardato, che esiste. Il riconoscimento diventa il processo per eccellenza di identità, autonomia e futuro.
Il corpo da solo non porta e non assume significato se non in quanto oggetto, ma in realtà è molto altro. È interessante come una preposizione semplice mi permette di introdurre e spiegare che il corpo è, e rimane, il soggetto delle mie azioni, del mio conoscere, del mio sentire, del mio stare. Con il corpo io esprimo la mia identità nelle relazioni, come sono, come avvengono queste interazioni; con il corpo conosco anche il mio finire, tocco il limite della vita. Il corpo assume significato anche di strumento sempre in riferimento alla sua soggettività.
La complessità dell’essere umano genera ammirazione quando lo guardiamo nel suo processo filogenetico e ontologico. Quanti pensieri l’uomo ha costruito attorno alla sua identità! La riflessione filosofica ha associato il corpo all’anima definendo innumerevoli pensieri e concetti e connessioni tra anima e corpo e altrettante distinzioni e separazioni.
Alcuni filosofi greci sostenevano il dualismo anima-corpo e la necessità di liberare l’anima dalla “prigione del corpo” come fosse zavorra; da lì ci sono stati poi pensieri e riflessioni importanti che nel corso dei secoli si sono radicati, altri invece sono rimasti sospesi, altri sono stati ripresi successivamente in tempi diversi.
La fenomenologia, arriva con un pensiero fondamentale ed è alla base del concetto di persona che accompagna e sostiene la mia formazione: il corpo, dopo tanti passaggi e contributi, diventa persona, presenza.
Il contributo della fenomenologia ha veramente dato una svolta alla concezione di corpo: Husserl, Sartre, Heidegger riconoscono il corpo come una forma di esperienza, una modalità dell’essere con specificità peculiari: dal corpo come esperienza che mi appartiene, al corpo come esperienza riletta grazie alla coscienza e alla percezione di essa.
Con Merleau-Ponty si delinea un pensiero chiaro che nega l’esistenza di un corpo oggetto e sostiene che il corpo è una forma di esperienza vissuta, alla quale dà una connotazione di ambiguità: ovvero, l’esperienza del corpo è contemporaneamente oggetto per gli altri e soggetto per se stessi, è un modo di stare al mondo ambiguo in cui coscienza e cosa coesistono. Infatti Husserl individua due termini della sua lingua madre, il tedesco, che ci aiutano a descrivere il concetto di corpo nel pensiero fenomenologico.
Con il termine korper - corpo - si definisce l’oggetto corpo, tutto ciò che appartiene o è assimilabile al mondo naturale e oggetto di studio (anatomia, fisiologia, neurologia, biologia, …): quindi l’avere un corpo.
Mentre con il termine Leib – corpo-proprio – si intende la dimensione umana del corpo, nella sua espressione totale: quindi l’essere corpo.
Questi due termini stanno ad indicare proprio il valore che viene dato al corpo, da cui deriva il termine corporeità come sintesi dei due significati: dal latino medioevale infatti, corporeità (da corporeus) sta ad indicare sia l’avere un corpo che l’essere corpo, c’è l’incontro tra corpo oggetto e corpo soggetto.
Con il termine Leib si esprime non solo uno stato del fenomeno ma l’esperienza del fenomeno, l’esperienza del corpo–vivente vissuto nella sua interezza e non nelle singole parti; l’utilizzo del verbo essere richiama all’identità: io-sono-corpo, mentre il verbo avere, io-ho-corpo, richiama alla proprietà e le sue parti, al possesso, all’appartenenza. Essere, invece, comprende, integra, include ogni elemento, offre il senso di unità data dalla percezione e dal movimento, dall’essere in contatto.
Viene posta l’attenzione alla possibilità di considerare l’uomo nella sua unità e identità corporea in uno scambio continuo tra ciò che sente e i riferimenti spazio-temporali di sé in relazione all’ambiente; è un continuo riconoscersi come persona intera che ha come riferimento avere ed essere un corpo, sentirsi corpo.
È il nostro corpo che ci permette di stare al mondo, che definisce l’inizio e la fine della vita, è un riferimento consistente di materia viva, che occupa un reale spazio in uno specifico rapporto con il tempo, che mi garantisce la presenza al mondo e soprattutto, la possibilità reale di entrare in relazione con l’altro.
È proprio la percezione di sé e del mondo esterno che mi permette il dialogo tra io corpo-oggetto e io corpo-soggetto; questo sentirsi presenza corporea è ciò che viene definito corpo vissuto, poiché nel corpo coincide cosa sento e come lo sento e questi due elementi costituiscono l’identità della persona.
L’esperienza che passa attraverso il corpo per eccellenza è il contatto: infatti assume un ruolo dominante nella costituzione percettiva del corpo, in particolare nello schema corporeo; il contatto assume valore in termini relazionali perché il corpo-corpo veicola e genera propriocezioni, sensazioni che diventano emozioni e lentamente diventano rappresentazione, pensiero: il pensiero esiste ed è possibile perché c’è un corpo che ne permette l’esperienza.
Riprendendo i termini introdotti da Husserl, quindi, si può sintetizzare che il Leib è un corpo vivente e proprio per la sua natura è un corpo proteso verso l’altro, tesse relazioni nel suo muoversi, ha in sé il fuori di sé; mentre il Korper è definito nello spazio e nel tempo, delimitato dal confine corporeo della pelle. Il Leib ha una potenzialità che occupa spazi e tempi oltre al Korper, incarna vettori relazionali e intenzionali, verso l’ambiente e incontra l’altro, corpo a corpo, Leib-Leib.
È il corpo nel suo gesto, sguardo, movimento che si pone in relazione, è immerso in una rete di connessioni molteplici tra soggetti altri; il corpo è partecipe e presente come vita che si muove, come essere vivente.
Il corpo-Korper richiama ad alcuni gesti possibili: guardare, sezionare, misurare, analizzare, indagare. È un corpo che richiama al peso, all’altezza, alla fisiognomica, al colore della pelle o dei capelli…è un corpo che si lascia toccare, che subisce, che si fa vedere perché si manifesta nella sua estensione corporea. Il corpo-Leib, invece, è un corpo che parla, che narra, che vive di esperienze, che accumula momenti, intensità, emozioni, sensazioni e ne fa memoria.
Il corpo-Leib ha una storia, porta con sé la propria biografia, il proprio modo di stare al mondo e di rapportarsi con il mondo, è rappresentante della propria originalità, del proprio dolore, sofferenza: è il luogo della vita incarnata che si espone al mondo e lo incontra e genera ancora novità.

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