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Ivo Lizzola

Vita fragile Vita comune

L’occasione di questo libro è stata offerta da una serie di incontri formativi per gli operatori sociali, che vivono a contatto quotidiano con la fragilità.

Queste conversazioni di Ivo Lizzola, tuttavia, vanno ben oltre e possono offrire nutrimento a tutte le persone in ricerca  di senso e di nuove consapevolezze nell’attraversamento dell’esperienza umana della fragilità.

Lo sguardo delicato e insieme potente, che Lizzola rivolge alla fragilità, offre un punto di vista originale e risuona perfettamente con la nostra proposta eco-biografica del counseling, in cui viene accolta la narrazione di sé, dei propri frammenti di vita, anche quelli connotati dalla fragilità, entro una visione ecologica, in cui tutte le parti di sé trovano spazio e accoglienza nell’ascolto autentico e nella ricerca di possibilità di senso e di ri-nascita.

La proposta di Lizzola consiste nell’accettare di vivere la fragilità, di cui tutti facciamo esperienza come esseri umani, e poterla trasformare anche come occasione generativa per aprirci al nuovo e all’inedito. Si tratta di affidarsi all’altro in una relazione autentica, nella quale, anche precarietà e incertezza, non solo vengono accolte ma possono diventare terreno fertile al nuovo.

A partire da varie esperienze di pratiche nuove nell’ambito sociale, questo libro offre una testimonianza viva di come, in un tempo di incertezza, sia importante rendere possibile, la narrazione del passato, rendere desiderabile il futuro e vivere intensamente il presente nell’attesa di futuro.

Viviamo in un tempo di “passaggio”, scrive Lizzola, “un tempo nel quale siamo avviati a delineare una forma di convivenza nuova”, un tempo “in cui il valore dei gesti e delle cose è in movimento, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato non è più chiaro come prima.”

È un vero e proprio invito quello che ci viene rivolto in questo libro a provare, pur inciampando, non negando la fatica e assumendo il rischio, a guardare con fiducia, creatività, immaginazione e responsabilità agli orizzonti fecondi del futuro: anche se non sono più definiti come prima, è possible recuperare la capacità di “provare vita nuova”, di dare forma nuova alle nostre comunità, di aprirsi e fare spazio a nuove pratiche nella vita comune. Assumere la fragilità significa necessariamente aprirsi al desiderio di nuovo, ad una nuova relazione con la fragilità stessa, in cui essa possa diventare non solo sopportabile ma addirittura abitabile, perché la vita è possibile anche in condizioni di estrema debolezza.   

Un invito all’affidarsi al cambiamento e alla trasformazione del nostro vivere in comunità, a partire da ciascuno, basandoci sull’ascolto dell’altro con cuore pensante, stando riflessivamente dentro l’incontro con l’altro e restando sulla soglia senza soluzioni preconfezionate ma co-costruite. Questo processo può condurre ad una rivisitazione del potere, non più inteso come controllo e possesso, ma come apertura del possibile, come riapertura delle possibilità del nuovo.

Il cambiamento può, così, essere assunto responsabilmente e liberamente. Sembra paradossale ma si tratta di vivere le responsabilità come una libera scelta e non come un peso opprimente, dettato dalla necessità.