“Nella trama delle piccole morti quotidiane, tessendo tra i vuoti e i pieni dei nostri giorni si impara a nascere, non solo una volta. Lo si impara insieme: c’è bisogno di uno spazio di parola e di qualcuno che faccia da specchio.”
Ivo Lizzola
Con un atteggiamento di delicata prossimità, il professor Lizzola ci accompagna a scorgere l’aperto, come diceva Rilke. Gesti di cura che ci hanno accolto tutti nella vita e gesti di cura per ricomporre il corpo morto. L’esperienza della fragilità e della malattia attraversata da ogni uomo e donna sono vissuti che cercano parole, senso e comprensione e che trovano significati nuovi nell’affidarsi all’altro, tornando a ri-nascere.
Stare in presenza accanto, ospitare l’attesa, sostare sulla soglia diventano così modi di essere generativi di quella bellezza che non è armonia ma meravigliosa dissonanza.
In questo viaggio attraverso la sofferenza, il congedo, il nuovo inizio, Lizzola tesse la trama di un’azione educativa finalizzata alla creazione di legami di libertà, alla costruzione di alleanze fra donne e uomini per abitare insieme la vulnerabilità e la fatica di vivere.
Nell’ aver cura della vita nostra e dell’altro è necessario educarci alla debolezza, abitare il limite e l’ombra ma anche affidarsi all’altro, sapersi legare per diventare autonomi e assumersi reciproche responsabilità per voler sentire il futuro.