
Jill Facchetti
Counselor biografico professionista presso Intrecci.
Esperta dei processi di apprendimento e formativi
Articolo
Scegliere o subire il cambiamento?
Metamorphòsis significa trasformazione. Deriva dalla combinazione di due parole: meta (oltre/altrimenti) e morphé (forma). Passare attraverso un processo di metamorfosi significa, quindi, assumere una forma “altra” rispetto a quella usuale o normale.
Assumere una nuova forma obbliga la persona trasformata ad operare inedite valutazioni della realtà, a coglierne aspetti fino ad allora sconosciuti, a provare emozioni nuove passando attraverso un senso che potremmo definire di “straniamento”.
È una metamorfosi biografica.
A tutti noi succede di attraversare nella vita uno o più momenti di “straniamento” nei quali la realtà si rivela con aspetti fino ad allora sconosciuti o inattesi, in cui ci troviamo a provare emozioni poco chiare e a percepire che esistono nuovi bisogni ai quali non sappiamo dare un nome e tantomeno una risposta.
Peter Parker (Spiderman) dopo essere stato morso da un ragno radioattivo acquisisce un sesto senso per i pericoli che lo porta a sentire e percepire la stessa realtà che lo circondava in modo completamente diverso. Così accade a noi quando attraversiamo quella che potremmo definire una “crisi biografica” o comunque un cambiamento: “punti” dalla vita ci troviamo con nuove sensibilità che ci fanno percepire aspetti che prima coglievamo in modo molto diverso, entriamo in un processo di trasformazione che ci accompagna da una forma del nostro essere ad un’altra.
Il cambiamento è inevitabile, tutto cambia, anche la verità, esistenziale e relazionale, può cambiare. In “La vita autentica” Mancuso descrive la verità come processo, evento, relazione, sistema. La verità infatti si va costruendo; quando ci mettiamo in gioco in una relazione di qualsiasi natura essa sia, ci diamo la possibilità di esplorare nuovi mondi e ci inseriamo in un processo di cambiamento che coinvolge noi e l’altro. Possiamo cogliere nuovi punti di vista, informazioni, sentimenti che mettono in chiaro aspetti della realtà che non avevamo considerato. La verità non è data una volta per tutte, appare mentre la consideriamo, la narriamo, la ascoltiamo. La verità la cogliamo fin dove le nostre capacità ce lo consentono, la costruiamo per frammenti, la verità è in divenire. Proprio per il carattere dinamico della verità, ossia del significato che “vero” può assumere nei momenti diversi, assistiamo ad un dilatarsi del margine di cambiamento di ogni aspetto della nostra vita, del senso che le attribuiamo, della desiderabilità che ne percepiamo e della nostra possibilità di futurabilità.
Tuttavia ci sono eventi nella nostra vita sui quali non abbiamo margine di intervento come potrebbe esserlo un incidente, un lutto, la perdita del lavoro. Questi eventi ci cambiano, ma noi non possiamo cambiare loro. Ci troviamo impotenti e disorientati, magari spaventati. Ogni individuo attraversa le proprie crisi biografiche con modalità, temi e tempi propri, ma ciò che aiuta ad andare oltre è fare un “passaggio”, attraversare, interrogare, indugiare nello “straniamento” per riconoscere il nostro filo conduttore, dare significati inediti, scoprire nuove verità che vanno oltre al mero evento, trovare posto a pezzi della nostra vita anziché vivere una vita a pezzi. In questi passaggi riusciamo a costruire i nostri strumenti per partecipare al cambiamento, riappropriarci della nostra esperienza. Non possiamo cambiare gli eventi ma, possiamo cambiare il senso che hanno le questioni nodali della nostra esistenza (L.Mortari, Abitare con saggezza la terra), ritrovare il nostro posto con nuove forme, trovare la nostra nuova vocazione, allargare la nostra verità, immergerci in una prospettiva ermeneutica, ossia reinterpretativa, che ci restituisca una immagine buona e desiderabile di noi stessi. Ogni passaggio che scegliamo e attraversiamo ci mette in contatto con noi stessi, i nostri limiti e desideri ed è fondamentale per uscire dallo stato di “straniamento”; ogni cambiamento subìto e non accompagnato da un passaggio lascia dei “buchi” che ci fanno sentire mancanti e non presenti e fedeli a noi stessi.
In tutto questo è bene ricordare che c’è un’ecologia della metamorfosi, non facciamo tutto da soli: il nostro esserci non è separato dagli altri “non è possibile fare una scissione ontologia netta nel campo dell’esistenza” (L.Mortari, Abitare con saggezza la terra). Le nostre metamorfosi, i nostri smottamenti emotivi ed esistenziali avvengono in un contesto di relazioni all’interno del quale attraversiamo e riattraversiamo episodi anche lontani, e che trovano nel qui ed ora una nuova urgenza di essere rinarrati e incontrati. Sentirci accompagnati e sostenuti nella nostra fragilità ci fa riscoprire la nostra responsabilità di saperci fidare e affidare, la nostra capacità di scegliere di, e da chi, farci aiutare, conservando il nostro “potere” e diventando consapevoli del fatto che anche noi possiamo mettere l’altro nelle condizioni di poterci stare accanto nel modo giusto, mostrare dove stia la nostra “soglia”, individuare un pezzetto di vita condivisibile, in cui l’altro ci invita ed è invitato a stare, un pezzetto di vita che è la nostra relazione con l’altro e che diventa il “nostro mondo”. Le metamorfosi, quindi, non avvengono a livello individuale bensì sistemico, cioè in intima connessione con gli altri, la cui presenza è condizione necessaria per lo sviluppo della vita del singolo e della biografia del tempo quale elemento che ci trascende ed ospita. Una metamorfosi non avviene per scelta, avviene quando la vita ci mette alla prova e ci punge come un ragno radioattivo, quando il “vecchio” modo di esistere non è più funzionale alla nuova situazione. Ma la vita col suo morso non ci trasforma in super eroi che salveranno il mondo, piuttosto in persone che si riscoprono fragili e bisognose dell’altro: ed è proprio in questa condizione che si realizza la pienezza dell’umano.
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foto: Butterflies on Red painting - Lily Greenwood